Segni e sogni: come la LIS aiuta la CRI a favorire l’inclusione

Tutto nasce da un sogno: quello di un diciottenne in viaggio sul Mediterraneo. Ma anche da quello di tre volontarie di CRI, che credono fortemente nel valore dell’inclusione e nei tanti modi con cui si può mettere in atto.

È proprio l’inclusione uno degli obiettivi fondamentali del corso “Sordità e Comunicazione LIS”, organizzato dal Comitato dei Comuni dell’Appia in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi. Si è trattato di un corso pilota, concluso domenica 21 gennaio, che ha una storia bellissima alle spalle e ambizioni altissime davanti a sé.

Sulla carta, il corso ha introdotto alla lingua dei segni nella quotidianità e in emergenza, alla conoscenza della cultura sorda, ai saluti e all’alfabeto nella lingua dei segni, l’approccio alla persona sorda in situazioni quotidiane e di emergenza, disabilità in emergenza, storia, legislazione e simulazioni. Ma c’è molto di più in programma, un cammino appena cominciato che vale la pena scoprire.

volontari partecipanti

Il gruppo di volontari del Comitato dei Comuni dell’Appia che ha partecipato al corso.

L’obiettivo concreto, nel prossimo futuro, è quello di creare un corso di formazione replicabile in tutta Italia in qualsiasi comitato, perché anche la lingua dei segni entri a far parte del bagaglio di conoscenze e degli strumenti a disposizione dei volontari di Croce Rossa. Strumenti che serviranno non solo per dialogare con le persone sorde, ma anche e soprattutto per sviluppare e affinare sensibilità e attenzione nella comunicazione con l’altro. Con chiunque.

“Se sei pronto in emergenza, sei pronto sempre. E saper comunicare con la lingua dei segni può essere una risorsa in più per tutti, non solo quando dobbiamo relazionarci con una persona sorda”. A parlare è Francesca Capitelli, volontaria CRI di Forlì: è lei una delle ideatrici del corso, insieme a Chiara Mancini e Valentina Montagner, volontarie del Comitato dei Comuni dell’Appia di cui Chiara è anche presidente.

“Ci sono aspetti pratici. Pensate ad esempio ad una situazione di emergenza in cui due volontari devono comunicare a distanza, senza poter sentire le proprie voci o usare una radio”, prosegue Francesca. “La LIS può aiutare in modi inaspettati”.

Ma si impara anche tanto altro.

volontarie CRI

Le due volontarie CRI Valentina Montagner e Francesca Capitelli.

“Se devo riassumere l’obiettivo del corso, direi: aprire le menti dei volontari”, ci dice Chiara. “Ma anche affinare le sensibilità. Se le persone sorde ascoltano con gli occhi, saper osservare impercettibili segnali del volto, le sfumature nell’espressione o nello sguardo, sono competenze che si possono imparare solo da loro. Ecco perché tra i docenti del corso ci sono anche rappresentanti dell’Ente Nazionale Sordi, coinvolti fin dall’inizio del progetto.”

Aggiunge Valentina: “Non si tratta solo di saper comunicare efficacemente con una persona che non può sentirti. Sarebbe riduttivo. Pensiamo invece anche al contributo che le persone sorde potrebbero portare all’interno di CRI. I volontari sono persone e vivono tra persone: ognuno può portare la propria esperienza di vita in Croce Rossa e arricchirla a modo suo. Al tempo stesso, le persone portano Croce Rossa nella propria vita e se possibile migliorano l’ambiente attorno a loro. È uno scambio reciproco, continuo”.

Chiara Mancini (Presidente del Comitato) con Claudio Doria (Consigliere ENS) e Gabriele Bellocchi (Vicepresidente Nazionale CRI).

A dimostrazione che queste competenze possono servire nei luoghi e nelle situazioni più disparate, c’è la storia che è all’origine di questo progetto. È a Lampedusa, nell’agosto 2017, che questo corso in qualche modo è nato. È lì che Chiara e Francesca si sono conosciute.

“Lampedusa è una terra fertile, tante idee e tanti incontri nascono in quel punto di passaggio”, racconta Francesca.

Entrambe hanno deciso di passare qualche giorno nell’isola in servizio per la Croce Rossa Italiana. Chiara, di professione infermiera, era impegnata sul fronte sanitario, mentre Francesca, insegnante di sostegno per bambini sordi, in ambito sociale. In poco tempo le due si conoscono e scoprono di avere un punto in comune: l’interesse e la passione per la lingua dei segni, a cui si erano avvicinate in modi e tempi diversi, anche in Croce Rossa.
Poi, è arrivato Ashraf.

Come tutti i diciottenni del mondo, Ashraf ha i suoi sogni. Lui, quando era in Tunisia, si era messo in testa di arrivare in America, passando dall’Italia. Ashraf, sordo dalla nascita, vuole farsi applicare l’impianto cocleare, quindi decide di imbarcarsi ed attraversare il Mediterraneo, per realizzare il suo progetto. Quando una mattina di agosto sbarca a Lampedusa è uno dei 150 arrivati quel giorno, ma anche uno degli oltre 9000 migranti che sono sbarcati sull’isola in tutto il 2017. Uno dei tanti. Durante la traversata è riuscito a farsi solo un amico: l’unico che sia riuscito, in qualche modo, a comunicare e che si sia affezionato a lui.

Non è raro, purtroppo, che i volontari a Lampedusa si trovino di fronte persone “pietrificate” dalla paura, dall’orrore di qualcosa che hanno visto o vissuto. C’è chi si rinchiude nel silenzio per proteggersi, chi per un trauma. In quel caso, Chiara scopre che il ragazzo è sordo, non può comunicare con le persone che ha intorno in quel momento. Nessuno ha gli strumenti per capirlo.

“Sono andata a chiamare subito Francesca. L’ho trascinata via da quello che stava facendo in quel momento e le ho spiegato la situazione.”

Quando Francesca arriva davanti a lui, parla con le mani. “Ci siamo detti ciao, e abbiamo sorriso”. Francesca si porta un dito all’orecchio e uno sul mento: è un segno piuttosto universale, Ashraf si illumina. Risponde che sì, lui è sordo.

La comunicazione non è facile: i segni non sono gli stessi, ogni paese ha delle differenze. Ma c’è la voglia di parlarsi, e in qualche modo si fa.

“Da quel momento è esploso, non si fermava più”. Ashraf può finalmente raccontare a qualcuno, tra le altre cose, di aver visto un delfino durante la traversata: “Era buio, e li ha seguiti per un po’”. Racconta anche dei suoi progetti.

La lingua dei segni aiuta pure il nuovo amico di Ashraf a farsi capire, anche se lui non è sordo: ha imparato che i segni sono diventati il terreno neutro per comunicare quando uno non capisce l’inglese e l’altro non sa il francese. Quando vuoi parlarti, in qualche modo si fa.

Quando Chiara, Francesca e Valentina ci parlano del corso, di come è nato, di quello che vogliono raggiungere, gli occhi si illuminano, si infervorano, a tratti si commuovono. “Con la lingua dei segni si impara a parlare con le mani ed ascoltare con gli occhi… è magico! E poi comunicare in LIS ti rende anche più espressiva e teatrale!”, Francesca ride mentre ci spiega. E loro tre parlano chiaramente con gli occhi.

Dove sia ora Ashraf, non lo sappiamo. Se sia riuscito a realizzare i suoi sogni, nemmeno. Quello che ha lasciato arrivando dall’altra parte del mare, però, è una storia che ha motivato e ispirato tre volontarie CRI, trasformandosi in un sogno diverso, che coinvolge molte più persone. A partire dai primi 17 volontari che hanno frequentato questo primo esperimento.

Non poteva certo immaginare qualcosa del genere, quel diciottenne sognatore, mentre attraversava il Mediterraneo affiancato da un delfino.