Violenza di genere: prima delle leggi, l’educazione ai sentimenti

“Pensate che le donne vittime di violenza siano riconoscibili perché vanno in giro con un livido sulla faccia? Vi sbagliate.” Luana Sciamanna, avvocato penalista, non usa giri di parole. Lei, consulente presso i centri antiviolenza di Ariccia e Rocca Priora, le vittime le conosce e le riconosce. Va dritta al punto e arriva a quella che può sembrare una provocazione: “Chi arriva alla violenza fisica, riconoscibile, è più fortunata. Almeno, lì si può denunciare e intervenire.” Non è sempre così: esistono altri tipi di violenza, sopraffazione, abuso: quella psicologica, che porta le vittime ad isolarsi, a diventare sospettose, spente, impaurite, dimesse.

Siamo al convegno “Al fianco delle donne – Violenza di genere e Codice rosso, strategie di intervento”, organizzato ieri 8 febbraio a Campoleone dal Comune di Lanuvio, in collaborazione con il Comune di Aprilia. Sette donne, sette contributi diversi. Sono i punti di vista, le esperienze e i racconti delle professioniste o delle rappresentanti delle istituzioni che hanno a che fare con questo tema.

Sono accompagnate dalle letture di Antonella Rizzo, che legge la toccante storia di una donna che si trova passo dopo passo a diventare vittima di violenza, ma che riesce alla fine a reagire. Con loro anche le Scolte del gruppo Scout Fse Campoleone, che intervengono con letture e canti e hanno realizzato i disegni che arricchiscono la sala del convegno.

Tutte sono concordi nel sottolineare l’importanza di incontri come questo, che devono puntare i riflettori in modo diretto, competente, senza filtri, su una realtà più diffusa di quello che appare, a volte dipinta con luoghi comuni sbagliati, che vanno sfatati. “L’informazione deve partire dai quartieri, dalle comunità più piccole, dai centri cittadini come questo, perché si possa diffondere una consapevolezza sul problema della violenza”.
Qui siamo in un luogo anche simbolicamente “di periferia”: un territorio che si divide tra l’amministrazione di Lanuvio e quella di Aprilia. Ci sono le rappresentanti di entrambi i Comuni: Valeria Viglietti (assessore Politiche del Lavoro e Politiche Giovanili del Comune di Lanuvio), Luana Caporaso (assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Aprilia), Lucia Vartuli (assessore Servizi sociali del Comune di Lanuvio), Francesca Barbaliscia (assessore ai Servizi sociali del Comune di Aprilia).

Parlano di violenza, in generale, e non di violenza di genere. Le statistiche descrivono una società, in Italia, in cui la tolleranza nei confronti degli altri sembra diminuire, mentre c’è sempre più bisogno di educare alla mediazione, non alla reazione. Soprattutto tra i giovani, nelle scuole, in famiglia, occorre educare al rispetto degli altri e combattere il sessismo, purtroppo più diffuso di quanto sembri.

Paola Virgili, presidente della cooperativa sociale Girotondo e referente presso i centri antiviolenza Piccoli passi (Ariccia) e Ricomincio da me (Rocca Priora), racconta di aver accolto ben 6 donne soltanto nei primi due giorni di attività, circa un anno fa. Sono 115 le donne assistite adesso, ma almeno due volte tanto sono quelle che hanno contattato i centri: sono numeri che raccontano quanto il tema della violenza sia diffuso e urgente. “Chi maltratta ha le chiavi di casa”, ripete Virgili: sono mariti, padri, fidanzati. Non c’è un pericolo esterno da combattere, ma una difficoltà ad accettare il rifiuto, la frustrazione, il confronto. E le vittime sono ben diverse dall’immaginario comune: spesso sono professioniste, con un alto grado di istruzione, con più di 40 anni di età, come anche giovanissime sotto i 18. Ci sono le situazioni più diverse da affrontare, non solo donne vittime dei compagni, ma anche mamme di una certa età che subiscono dai figli con dipendenze. E poi cii sono le donne senza figli, che le istituzioni faticano a proteggere in strutture adatte, perché è più facile intervenire quando ci sono minori coinvolti. Infine, c’è la carenza delle strutture che si dovrebbero occupare dei maltrattanti e del loro recupero, “come si fa con chi deve uscire da una dipendenza”.

Debora Diodati, presidente del Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale della Croce Rossa Italiana, racconta l’esperienza della casa famiglia AGAPE, gestita dalla Croce Rossa: un luogo in cui circa 12 donne con bambini hanno trovato accoglienza, hanno imparato a fidarsi, a condividere le piccole soddisfazioni o festeggiare i grandi successi, dove ricominciare e ricostruirsi una vita in autonomia. Un luogo in cui ritrovare quella serenità e quel rispetto che molte donne non hanno mai conosciuto. In programma c’è l’apertura di altri due centri a Roma e in provincia. Luoghi in cui trovare cura e assistenza, ma anche indipendenza economica, fiducia in se stesse.

Dunque una strada ancora lunga, spesso in salita, con tanti ostacoli sul percorso. Qualche passo in avanti si è fatto, ma non basta: la recente entrata in vigore del cosiddetto “Codice Rosso” (Legge 19 luglio 2019, n. 69) prevede un inasprimento delle pene e una semplificazione delle procedure. Ma qui si parla già di una violenza avvenuta, di un reato commesso: dobbiamo fare in modo di non arrivarci, con l’educazione e la sensibilizzazione, il rispetto dell’altro, anche e soprattutto con le nuove generazioni. C’è da imparare a riconoscere, affrontare e vivere i sentimenti, il rapporto con l’altro, il rispetto, prima ancora dei codici penali.